è stato un piacere, piccola meraviglia..


Era la quintessenza del felino: agile, vivace, spericolato, giocherellone, dispettoso,
affettuoso, intelligente. 
E bellissimo. Come tutti i gatti neri: bellissimo.
Sino a quando il male lo ha aggredito. E mortificato. E ridotto al fantasma
del bel gatto canaglia e paraculo che era. E in una manciata di mesi.
Un amico lo chiamava Al Zarqawi.
Una volta entrato in casa 
chiese (e ottenne) licenza di devastazione. Incondizionata. Senza se e senza ma.
Gaetano era uno di quei gatti per cui ti interroghi se sia giusto, se non sia egoista tenerlo in cattività, servito e riverito, certo, coccolato, assecondato fino allo sfinimento nella sua voglia di giocare, di correre, di tentare delle fulminee fughe-lampo (che i vicini ancora ricordano con angoscia), ma pur sempre in cattività. 
Ma quando lo raccolsi (letteralmente nel palmo della mano) era l'unico superstite
di una cucciolata di 5 fratellini,  che mamma gatta aveva incautamente partorito sotto una siepe su un parciapiede, sterminati dalle auto nel giro di una settimana.
Tutti. Uno dopo l'altro. Sino a quando non era rimasto che lui. Solo.
Che con quegli occhioni impauriti mi spinse a pensare: "basta così. Non intendo aspettare 
un altro giorno per poi raccattare pure te. Tu vieni con me. Al sicuro.
I tuoi nuovi fratelloni Ciro e Tato (allora solo loro due..) saranno contenti.
E tu pure. Fidati". 
E in effetti, piccole intemperanze a parte, così è stato.
Gaetano si alzava sulle zampe posteriori e mi metteva quelle anteriori al collo, per abbracciarmi. Tanto per dire che aria tirava..
Solo per una cosa alzavo la voce. Solo una cosa gli ho sempre contrastato energicamente:
la sua incontenibile propensione agli equilibrismi sul filo stendipanni.
E alla fine ce l'ho fatta. Gaetano non camminava più sul filo in mia presenza.
Salvo sbizzarrirsi non appena mettevo il naso fuori dalla porta di casa, stando ai resoconti di una vicinache assisteva con i capelli dritti alle sue prodezze acrobatiche. 
"Quando il gatto non c'è.."
Quando due anni fa abbiamo perso Tata per un diabete particolarmente aggressivo
(ne ho parlato qui),
all'indomani fu quasi un risveglio: quasi un aprire gli occhi.
La maggior parte della mia grande, bella famiglia felina è ormai adulta. Molto adulta.
Tata non doveva morire così presto (9 anni), e Gaetano neppure (11).
Vero però che si tratta pur sempre di gatti che non sono più i giovani filibustieri
che sono stati per tanti bellissimi anni: sono gatti adulti, che potenzialmente possono ammalarsi anche prima di quando l'arco di vita che ti aspetteresti da un gatto che ne ha avuta una bella e comoda prevederebbe, che possono lasciarmi un po' prima di quanto non accadrebbe per semplice vecchiaia, un po' come succede a noi umani, del resto, e decisi di imporre a me stesso di rimanere quanto più lucido e razionale, e di non farmi travolgere completamente
dallo shock e dallo strazio come in quella occasione.
Ma un conto è dirlo..
Un parziale conforto è il sapere con certezza che il male che ha colpito Gaetano
 gli comportava sofferenza. E gliene comportava sempre di più, col passare dei giorni.
E che la morte sia fatalmente un sollievo da tutto quel dolore è una cosa di cui puoi 
egoisticamente farti scudo. 
Ma questo non smorza di una virgola la rabbia furibonda per il fatto che Gaetano avrebbe potuto vivere ancora un bel pò. Felice e beato. Vivace e dispettoso, simpatico e appiccicoso nelle sue imprevedibili manifestazioni d'affetto. 
Se non ci fosse toccato per la seconda volta un brutto male, così, come un fulmine a ciel sereno.
E ti ritrovi a cullarti, a baloccarti in quei pensieri, in quel tipo di pensieri in cui umanamente
è facile trovar riparo in questi momenti, anche se, come nel mio caso, sei la persona più "terrena" della terra: che la sorellina lo sta aspettando per correre a perdifiato,
e che presto lo raggiungeremo tutti. Uno ad uno. Uno dopo l'altro.
Per ritrovarci di nuovo tutti assieme, chissà dove.
E non per essere lugubri. Ma tanto qui nessuno è eterno.
Solo pochi giorni fa, il 10 aprile, in occasione dei due anni dalla morte di Tata
scrivevo che ancora mi capita di vederla correre felicissima per tutta la casa 
come faceva ogni singola volta che rincasavo. Lo scrivevo solo pochi giorni fa.
E io che amo così tanto la primavera, che ho sempre detto che la vita non dovrebbe giocarmi anche l'ultimo scherzetto di farmi andar via senza aver visto sbocciare una nuova primavera (domani o fra cent'anni) comincio a guardare con diffidenza, con sospetto a questa odiosa coincidenza. Che le mie due piccole meraviglie hanno scelto proprio questo mese che amo molto
per lasciarmi.
Non vorrei arrivare ad odiarlo il mese in cui la primavera si manifesta in tutta la sua imprevedibile, acerba bellezza. 
Ciao Nano: è stato bellissimo averti. E, sfidando ogni senso di colpa per aver messo qualche limite al tuo fantastico, potentissimo istinto, so che è stato bellissimo anche per te.
Questi undici anni assieme non c'è male al mondo che possa toglierceli.
E pur con tutta la rabbia e tutto il dolore, 
facciamoceli bastare.



(2004-2015)

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